Gli Stati Uniti si confermano la meta preferita per gli investimenti nelle energie rinnovabili
Germania seconda, Italia buona settima nella classifica stilata da Ernst&Young
[14/11/2007]
Gli Stati Uniti sono il Paese con il migliore rapporto per chi investe nelle rinnovabili nel mondo. La Germania è al secondo posto e prima in Europa dopo aver scalato diverse posizioni dal quinto in cui si trovava a danno della Gran Bretagna, subito seguita da India e Spagna (quest’ultima forte della attività eolica che sta sempre più radicandosi grazie alle favorevoli condizioni). E anche l’Italia in questa speciale classifica occupa un più che lusinghiero settimo posto, come indica il rapporto di Ernst & Young, “Renewable Energy Country Attractiveness Indices”, presentato ieri al XX Congresso mondiale dell’Energia, del quale ci stiamo occupando in diverse sezioni del nostro canale. Gli investitori sono stati recentemente attratti dalla Germania grazie al recente annuncio del ministro dell’Ambiente tedesco, Sigmar Gabriel, riguardo agli obiettivi preposti per il 2030: 45 per cento di energie rinnovabili , con un incremento di target fissato dall’Ue per il 2020 dal 20 per cento al 27 per cento: l’investitore risulta naturalmente attratto dalla sicurezza di agevolazioni da parte del governo allo scopo di sviluppo del settore, risultando quindi un’area in cui investire in modo agevolato. A livello mondiale, tuttavia, sono gli Usa la meta preferita dagli investitori per i loro progetti nel campo delle energie pulite e che non potrà che consolidare se a questo straordinario dinamismo si associa anche un quadro normativo a livello federale più favorevole. Il trend è positivo anche per l’Italia, che dall’ottava posizione balza alla settima scalzando il Canada. È l’effetto dell’annuncio del prossimo varo della riforma delle rinnovabili, contenuta nella Finanziaria 2008, che modifica il sistema di incentivazione estendendo il periodo di validità dei certificati verdi e da 12 a 15 anni e portando la quota obbligatori di energia da fonti rinnovabili per i produttori che utilizzano quelle fossili dall’attuale 0,35 per cento allo 0,7 per cento.
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