Schemi compositivi nella progettazione architettonica a Catania ad inizio '900
Autore
Fabrizio Russo - Università degli Studi di Catania - [2003]
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  • Bibliografia
  • Tesi completa: 170 pagine
  • Abstract
    Questa ricerca si propone di analizzare i risultati di un processo edilizio caratterizzato nei primi decenni del ‘900 da una ricerca stilistica di nuovi stimoli mediante varie esperienze ed esperimenti formali, e che si è risolto intorno agli anni ’30 con la graduale affermazione del razionalismo. La produzione edilizia a Catania in quegli anni, fortemente in crescita malgrado le guerre e caratterizzata dal forte impulso dettato della classe imprenditoriale, rappresenta lo specchio della grave crisi progettuale e compositiva dell’architettura di inizio secolo. Si tratta del trentennio che vede il diffondersi di varie tendenze e correnti artistiche che invadono il campo della grafica, dell’arredo e di altre arti applicate assumendo quei caratteri costanti che giustificano l’attribuzione di “stile” a questo movimento. In Europa esplode l’Art Nouveau, che in Italia diventa più diffusamente “Arte nuova”, e le botteghe d’arte, i vetrai, i falegnami, gli intagliatori di pietre ed i maestri della ceramica si trovano ad interpretare tutti la medesima tendenza in una nuova straordinaria reinterpretazione degli elementi primordiali dell’arte: la curva e la linea. I riferimenti eclettici ad altri stili più antichi sono evidenti, dal gotico all’orientale, ma malgrado ciò il movimento dell’ ”arte nuova”, conosciuta con altre etichette come quella di stile “liberty”, trova in Italia terreno particolarmente fertile e riesce sin dal primo decennio del secolo a conquistare il gusto del popolo che vede in esso un duplice significato: da un lato una straordinaria alternativa all’asettica austerità formale imposta dal regime fascista e dall’altro l’affermazione di un linguaggio che, in quanto figurativamente “nuovo”, ambiva ad essere riconosciuto ben presto come sinonimo di “moderno”.
    Ciò premesso, alla luce dello stato attuale degli studi condotti sul periodo in questione, rimangono ancora alcuni quesiti tuttora irrisolti:
    - in che modo tali espressioni artistiche riescono a caratterizzare anche l’architettura ?
    - quali sono i rapporti tra le arti figurative e la progettazione architettonica in quegli anni?
    - riesce l’orientamento stilistico del liberty ed dei suoi derivati a caratterizzare il progetto architettonico inteso nella sua completezza volumetrico-spaziale o essi ritagliano una propria autonomia di linguaggio solo nella decorazione superficiale degli edifici?
    - quali sono le tappe che scandiscono il passaggio dalle manifestazioni più colorite del movimento moderno al funzionalismo razionale scevro di decori ed abbellimenti corticali?
    Sono questi alcuni interrogativi ai quali si cercherà di dare risposta sulla scorta di una indagine limitata alla esperienza catanese che fornisce un panorama abbastanza ampio ed eterogeneo per arricchire il quadro generale di tasselli importanti.
    Le esperienze architettoniche sviluppate nel periodo di transizione in oggetto, che investe tutto il territorio nazionale, lasciano un segno indelebile nell’ambito catanese a livello sia urbano che architettonico. Anche a Catania infatti è possibile riscontrare nella produzione edilizia di quegli anni un gran numero di approcci diversi alla progettazione architettonica; taluni privi di ogni enfasi innovativa e rivolti agli schemi compositivi tradizionali, altri più coraggiosi nell’imporre ai prospetti un nuovo volto, arricchito da nuovi linguaggi ed alleggerito delle rigide impostazioni ottocentesche, altri ancora frutto dei più variegati compromessi derivanti dall’utilizzo di singoli elementi decorativi bidimensionali tratti dalle arti figurative e tradotti in architettura con procedure di estrusione talvolta geniali ma nella maggior parte dei casi meramente posticce.
    Nell’ambito catanese, solo pochi progettisti di rilievo acquisiscono piena consapevolezza di questa crisi compositiva: i più noti ed i più attivi sono indubbiamente Francesco Fichera, studioso e uomo di cultura, che ne fa cenno in numerosi suoi scritti augurandosi che l’Arte Nuova possa trovare col tempo una maggiore coerenza concettuale ed estetico-funzionale, e Paolo Lanzerotti, straordinario professionista dell’edilizia, che ne avverte la gravità e la risolve in modo del tutto personale fornendosi una rigida auto-regolamentazione compositiva riconoscibile in tutta la sua produzione. A parte qualche altra rara eccezione, la maggior parte dei progettisti non riesce a comprendere l’importanza del proprio ruolo e le scelte progettuali sono spesso frutto di numerosi compromessi.
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