Efficacia biologica della radiazione spaziale in presenza di schermature
Autore
Marcello Atzori - Università degli Studi di Milano - [2001-02]
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  • Tesi completa: 99 pagine
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    Il progressivo aumento di durata delle missioni spaziali, specie di quelle con equipaggio, ha aperto una serie di nuove problematiche che la comunità scientifica non può più permettersi di trascurare. La questione di un'adeguata protezione della componente umana (ed in secondo ordine dell'equipaggiamento vitale per il proseguimento della missione) durante i viaggi interplanetari è diventata sempre più importante, specie con l'avvicinarsi della fase finale per l'organizzazione della spedizione su Marte. In queste circostanze il maggior fattore di rischio è costituito dall'esposizione prolungata nel tempo alla radiazione spaziale, in particolar modo alla frazione di questa costituita da particelle pesanti cariche di alta energia comunemente nota come Raggi Cosmici Galattici (GCR). Questo tipo di radiazione, oltre ad essere molto penetrante, è capace di generare, interagendo con la materia, frammenti secondari il cui contributo al danno biologico è ancora poco conosciuto.
    Scopo di questo lavoro è determinare l'effetto di alcuni materiali di schermatura comunemente impiegati nel campo aerospaziale nell'induzione del danno biologico prodotto da fasci di ioni di alta energia. Si è utilizzato un fascio di ioni Fe di 500 MeV/n (valore corrispondente al massimo della distribuzione differenziale d'energia per i raggi cosmici galattici, LET di circa 210 KeV/mm) opportunamente abbinato a schermi di Piombo, Alluminio e Lucite. Lo spessore dei materiali in esame è stato scelto in modo che il range residuo dei fasci schermati fosse equiparabile al valore di range di un fascio di ioni Fe di 200 MeV/n non schermato (LET circa 440 KeV/mm). L'irraggiamento con fasci di ioni Fe è stato condotto presso l'acceleratore HIMAC di Chiba (JP), mentre un'ulteriore serie di campioni è stata irraggiata presso l'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano con radiazione gamma da 60Co, convenzionalmente utilizzata come riferimento. E' stata impiegata la linea cellulare umana AG1522, fibroblasti di pelle. Le cellule sono state esposte a dosi comprese tra 0,25 e 2 Gy nel caso di fasci di ioni Fe, e tra 0,25 e 4 Gy nel caso della radiazione gamma.
    E' stata studiata l'inattivazione della capacità proliferativa sia delle cellule direttamente irraggiate (sopravvivenza) che della loro progenie (efficienza di clonaggio). Quest'ultimo effetto, denominato in letteratura "morte riproduttiva ritardata", è ritenuto essere indicazione d'induzione d'instabilità genomica. I risultati sono stati analizzati in funzione della dose ed in funzione della fluenza di particelle incidenti sulla schermatura.
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