Riciclo di lamapade fluorescenti a fine vita nell'industria ceramica
Autore
Lorenzo Sassi - Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia - [2004-05]
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  • Tesi completa: 88 pagine
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    Le lampade fluorescenti a fine vita, a causa della presenza in esse di mercurio e di polveri contenenti metalli pesanti, vengono classificate dal Catalogo Europeo dei Rifiuti (CER) come residui speciali pericolosi (codice 20 01 21). È importante sottolineare che queste lampade attualmente coprono in Italia circa il 70% del fabbisogno complessivo di illuminazione artificiale ed elettrica, con una produzione annuale (anno 2000) di 77 milioni di unità, pari a 12.000 tonnellate.
    Per questa tipologia di rifiuto si possono ipotizzare due possibilità di intervento:
    1. Riciclo a circuito chiuso, effettuato dalle industrie dell’illuminotecnica, con il limite che le industrie non sono ancora in grado di recuperare un numero notevole dei propri prodotti;
    2. Riciclo a circuito aperto, per il quale non esistono ancora delle soluzioni efficienti.
    Constatando tali carenze in questo lavoro di tesi si sono testati i possibili scenari per il riutilizzo in campo ceramico (a circuito aperto) delle lampade fluorescenti esauste: è stato eseguito uno studio sperimentale, con lo scopo di valorizzare il vetro risultante dal trattamento di bonifica delle lampade fluorescenti, utilizzandolo come materia prima seconda inserendolo in formulazioni ceramiche per piastrelle da bicottura.
    In particolare, il lavoro sperimentale si è sviluppato in due fasi principali:
    la prima svolta presso i laboratori del Dipartimento di Ingegneria dei Materiali e dell’Ambiente (DIMA) dell’Università di Modena e Reggio Emilia per:
    a) la caratterizzazione chimica, fisica e termica dei vetri in studio;
    b) la preparazione in laboratorio di formulazioni di ingobbi contenenti vetri di lampade fluorescenti come sostituti di fritte industriali;
    c) l’applicazione sui supporti ceramici di ingobbi, realizzati con il vetro da lampade fluorescenti sostituito alla fritta industriale;
    d) la verifica, mediante prove normate, delle proprietà dei prodotti ottenuti dopo cottura in cicli industriali.

    La seconda fase si è svolta presso la ceramica POLIS di Bondeno di Gonzaga (MN) per:
    a) la sperimentazione industriale delle formulazioni di ingobbi risultate ottimali da prove di laboratorio, per verificare la trasferibilità industriale.

    Per quel che riguarda l’applicazione industriale in linea benché tutte le formulazioni di ingobbi siano risultate soddisfacenti, nell’ottica di un’ipotetica commercializzazione del prodotto, è da sottolineare che il grado di purezza del vetro è fondamentale; tuttavia la tecnologia presente in Italia per la bonifica del vetro da lampade fluorescenti non è ancora soddisfacente.
    Nel caso in cui venisse superato questo ostacolo, il lavoro di tesi ha dimostrato la possibilità di utilizzare questo vetro da RAEE come materia prima seconda nel settore ceramico, da cui derivano positive ricadute ambientali tra cui:
    1. benefici in termini di minore dipendenza dall’approvvigionamento di materie prime;
    2. risparmio di combustibile legato all’evitato processo di fusione della fritta;
    3. emissioni evitate (CO2 ed NOx) nel processo di fusione.

    Da sottolineare anche il risparmio economico che potrebbe comportare l’utilizzo di questo vetro in sostituzione di una fritta commerciale.
    Infine, l’aver introdotto un vetro da riciclo in una componente (ingobbio) di un prodotto ceramico, potrebbe trovare uno sviluppo futuro nel testare la possibilità di utilizzare tale vetro anche nelle altre parti (supporto e smalto) della piastrella. Questo è di estremo interesse in considerazione della politica del Green Public Procurement (Acquisti Verdi), ovvero nell’ambito del D.M. 203 del 2003 in cui sono contemplate le “Norme affinché gli uffici pubblici e le società a prevalente capitale pubblico coprano il fabbisogno di manufatti e beni con prodotti ottenuti da materiale riciclato in misura non inferiore al 30% del fabbisogno medesimo” e del Repertorio del Riciclaggio (RR), un vero e proprio “catalogo” dei beni riciclati sul mercato, tenuto e reso pubblico dall’Osservatorio Nazionale dei Rifiuti.
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