Il concetto di Ubermensch nella filosofia di Friedrich Nietzsche
Autore
Emanuele Rasicci - Università degli Studi di Milano - [2000-01]
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  • Tesi completa: 115 pagine
  • Abstract
    Tuttavia, stando a quanto detto finora, si deve precisare che l’Übermensch è solo quel particolare tipo di uomo superiore che riesce a sopportare questo pensiero, e per questo motivo è preferibile la traduzione di “Superuomo” a quella di “Oltreuomo”, che invece può essere usata per definire tutta l’umanità che vive dopo il grande meriggio. Dunque non basta dire che l’Übermensch riesce a sopportare, a differenza degli altri uomini, questo pensiero, nè che egli è il solo beato all’idea dell’eterno ritorno, perchè, come si è visto nell’ultimo paragrafo, anche il piccolo uomo può riuscirci senza troppe difficoltà. E’ per questo che serve specificare che egli nascerà soltanto da un popolo eletto, perchè non è importante solo la redenzione dalla vendetta, ma anche chi viene redento da essa, quale volontà è quella che deve essere redenta per poter essere libera di creare l’Übermensch..... Il superamento dell’uomo, l’Übermensch, corrisponde certamente alla sua redenzione, ma questa è la redenzione degli uomini superiori, dei creatori dei valori, e, nel momento in cui vengono redenti dallo spirito di vendetta quegli uomini che creano i nuovi valori per tutta l’umanità, allora si può dire che anche l’uomo in un certo senso è stato superato.
    Questo avviene però soltanto in un tempo lunghissimo, e attraverso un’assimilazione graduale del pensiero che procede attraverso le generazioni, perchè l’eterno ritorno non può trasformare la volontà se non diventa prima il pensiero dominante tra i tutti pensieri. La volontà di potenza dell’uomo deve essere trasformata dal pensiero dell’eterno ritorno, e questo è possibile perchè essa, in quanto volontà, è fin dall’inizio determinata da qualche pensiero e perchè, come si è visto nel secondo capitolo, gli istinti educati possono venir trasmessi in eredità ai propri figli. Per Nietzsche il pensiero, e quindi anche il modo di considerare il tempo, entra in maniera essenziale nei meccanismi della volontà ed è determinante per la vita dell’uomo ancor più delle condizioni ambientali esterne. Poichè l’uomo non può vivere senza una qualche concezione del tempo, tanto vale che egli si scelga quella che preferisce, e la scelta di vivere con la fede nell’eterno ritorno dell’uguale è giustificata dal fatto che solo questa concezione consente di liberare veramente la volontà di potenza dell’uomo dallo spirito di vendetta.
    Il compito degli eletti, in relazione all’eterno ritorno, è allora quello di preparare un uomo che riesca a sopportare il pensiero, di creare un essere felice che voglia rivivere la stessa identica vita, e potranno riuscirci solo se prima avranno educato la loro volontà con questo pensiero e cercato di trasformare se stessi. Alla fine l’Übermensch rappresenta l’uomo superiore, cioè il creatore, redento dallo spirito di vendetta, che ormai non nega più e riconosce non solo l’innocenza del divenire, ma accetta anche tutto quello che l’uomo è stato. Nella più chiara descrizione possibile dell’Übermensch che è stata pubblicata dopo Così parlò Zarathustra, in quanto l’ideale dionisiaco della pienezza della vita viene messo direttamente in relazione col pensiero dell’eterno ritorno dell’uguale, si dice più o meno la stessa cosa:
    l’ideale dell’uomo più spavaldo, più pieno di vita e più affermatore del mondo, il quale non soltanto si è rassegnato e ha imparato a sopportare ciò che è stato e ciò che è, ma vuole riavere, per tutta l’eternità, tutto questo, così come esso è stato ed è, gridando insaziabilmente: da capo…

    E’ chiaro che qui si corre il rischio di raggiungere di nuovo l’ultimo uomo, un rischio calcolato dal momento che Nietzsche stesso afferma di averli creati nello stesso momento. Dunque, per non essere una fine come l’ultimo uomo, ma un inizio e la via verso un nuovo mattino dell’umanità, l’Übermensch dovrà essere per forza un creatore, anche al di là della fede e del desiderio dell’eterno ritorno. Nell’ultimo capitolo si è visto che occorrono moltissimi anni perché questo pensiero riesca a diventare la fede dominante del popolo eletto, ma, se esso diventa una fede, allora ricade nuovamente nella fissità, cioè diventa la “verità” di quel popolo. Quello che è stato uno degli argomenti del secondo capitolo, la ribellione dell’Übermensch nei confronti della sua casta di appartenenza, ci permette di andare ancora oltre, e di stabilire che, se l’eterno ritorno è la fede del popolo eletto, con la quale esso deve lottare, non lo sarà più dell’Übermensch, perché nessun creatore può essere soggetto a una fede.
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