Locale ad uso medico: la camera di degenza
Autore
Claudia Abbenda - Campus biomedico di Roma - [2005-06]
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  • Bibliografia
  • Tesi completa: 143 pagine
  • Abstract
    Esiste una stretta relazione tra l’individuo e lo spazio in cui si trova. L’ambiente è in grado di comunicare dei messaggi che sono immediatamente recepibili ma allo stesso tempo non facilmente schematizzabili e razionalizzabili; lo spazio può generare sensazioni di benessere o disagio, essere stimolante, formativo o profondamente deprimente, può trasmettere messaggi di autostima, posizione sociale, sicurezza, identità, intervenendo in ogni caso come catalizzatore delle dinamiche personali e sociali.
    Lo spazio ospedaliero si è sempre più caratterizzato come spazio neutro, in cui l’uso dei colori (il bianco e le varie tonalità di grigio), dei materiali (il metallo e i materiali sintetici), hanno contribuito a definire un ambiente anonimo, indifferenziato, freddo e non coinvolgente dal punto di vista emozionale. Un ambiente così definito, teso a soddisfare quasi esclusivamente le esigenze dimensionali, funzionali e igieniche, ha quindi trascurato una cultura dello spazio capace di cogliere le importanti relazioni e i processi interattivi che si stabiliscono tra individui, attività e attrezzature. Vengono in questo modo trascurati quei fattori fondamentali nel conferire allo spazio una valenza terapeutica: l’atmosfera e le sensazioni provocate, i comportamenti e le aspettative di coloro che vi operano e ne usufruiscono.
    Al momento del ricovero in ospedale il paziente si trova in una condizione di particolare fragilità psicologica. L’ospedalizzazione infatti, oltre a comportare paure e aspettative legate agli stati della malattia e della guarigione, è di per sé un evento stressante. La perdita dei ritmi normali di vita, del controllo su se stessi, della privacy e familiarità con l’ambiente, lo scontro con l’organizzazione e le procedure ospedaliere, i difficili rapporti, talvolta, con il personale medico, generano nel paziente dei “processi di desocializzazione e spersonalizzazione”, con una sua conseguente passività nei confronti della malattia e dell’ambiente che lo ospita.
    Una condizione ugualmente difficile, seppur vissuta in modo differente,inoltre, è quella del personale ospedaliero. Orari, ritmi, situazioni gravi e delicate affrontate quotidianamente, provocano l’insorgenza di manifestazioni ansiogene e stressanti.
    Risulta quindi importante chiedersi come possano essere almeno contenuti quei problemi di carattere psicologico, funzionale, organizzativo e gestionale, spesso causa del profondo malessere esistente.

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