L'inquinamento luminoso: Analisi tecnico-giuridica e impatto ambientale
Autore
Guido Baroncini Turricchia - Università degli Studi di Roma Tor Vergata - [2002-03]
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  • Bibliografia
  • Tesi completa: 65 pagine
  • Abstract
    La tesi si propone di analizzare il problema dell’inquinamento luminoso, studiandone origini ed impatto; ed inoltre la normativa vigente per arginarlo.

    Molti sono i soggetti colpiti. La ricerca scientifica in campo astronomico e astrofisico è fortemente minacciata. L’allontanamento degli osservatori dai grandi centri urbani ha solo momentaneamente ridotto il problema, poiché questa forma di inquinamento si rivela dannosa fino ai 200 km dalla sorgente. La comunità astrofila – spalla operativa di molte ricerche in campo astronomico e anello di raccordo fra cultura scientifica e popolazione – è resa anch’essa sempre più impotente a causa dello scarso numero di astri visibili.
    Si evidenzia, poi, il pericolo per la sicurezza stradale: un flusso luminoso mal diretto può essere causa di distrazione e abbagliamento degli utenti della strada.
    Non solo: una luce rivolta direttamente sopra l’orizzonte è causa di disorientamento per alcune specie migratorie, delle quali si rischia l’estinzione (seppure in ambito locale), con un conseguente squilibrio ecologico.
    Questo genere d’inquinamento, infine, è strettamente connesso con uno spreco energetico che, oltre ad avere un costo economico per la società, incrementa indirettamente l’immissione di inquinanti in atmosfera, contribuendo alle modificazioni del clima.

    Si considerano, poi, i vari tipi di lampada di ciascun impianto d’illuminazione, in quanto contribuiscono diversamente all’inquinamento luminoso: ogni modello, infatti, è caratterizzato da un’efficienza luminosa e da uno spettro di emissione suoi propri. Dall’accurata analisi delle diverse tipologie si ricava che le lampade migliori sono quelle al sodio, in quanto, oltre ad avere la più elevata efficienza, producono una luce che può essere parzialmente filtrata dagli osservatori, riducendo il danno creato.

    È necessario capire come si crea l’inquinamento luminoso. A tal proposito bisogna dare uno sguardo ai flussi luminosi e al mezzo di propagazione. L’aumento di brillanza del cielo è dato dall’interazione della luce emessa verso la volta celeste con le particelle che compongono l’atmosfera, responsabili della ridiffusione isotropica del flusso. Per via delle proprie caratteristiche, l’atmosfera concentra il 99% della propria massa nei primi 30 Km di quota: se la luce è emessa lungo la verticale, essa attraverserà uno strato molto sottile di atmosfera, creando inquinamento luminoso (peraltro a livello locale) solo per il suo 30%; se invece la luce è emessa per angoli prossimi all’orizzonte, lo strato di atmosfera che essa attraverserà sarà maggiore e produrrà una diffusione totale del flusso, compromettendo il cielo a grande distanza dalla sorgente.
    Non è l’aumento della brillanza del cielo a cancellare le stelle: sarà semmai l’incrementato rumore di fondo a pregiudicare la percezione dell’osservatore.

    Un’analisi delle diverse tipologie di impianti di illuminazione evidenzia quanto sia fondamentale usare armature poste orizzontalmente, con vetro piano e non prismatico; e con la lampada incassata all’interno dell’armatura stessa, per evitare dannose dispersioni. Risulta inoltre chiaro come globi e lanterne, se non dotati di apposita schermatura, siano fortemente inquinanti e vadano evitati.

    Nel capitolo dedicato alla normativa antinquinamento, considerata anche dal punto di vista della sua evoluzione storica, si mettono in luce le gravi carenze che presenta la norma UNI 10819:
    1) la zonizzazione territoriale in funzione della distanza dagli osservatori è stabilita senza indicare gli osservatori stessi;
    2) la grandezza utilizzata per monitorare il fenomeno (il rapporto medio di emissione), essendo un valore medio su tutto il territorio comunale, oltre a permettere l’installazione di impianti molto inquinanti, risulta di difficile verifica;
    3) deroghe sconsiderate permettono di non valutare impianti che richiedano meno di 5 kW.
    Si leggono quindi criticamente le leggi della regione Lombardia e della regione Lazio, palesando da una parte i numerosi aspetti positivi (sono norme precise ed evolute che si sforzano di richiedere parametri tecnici equilibrati e rapporti di collaborazione fra i soggetti coinvolti) e non tralasciando da un’altra i difetti riscontrati (mancate richieste di pubblicizzazione delle problematiche interessate per la Lombardia; norme meno efficaci e ritardi nella pubblicazione del regolamento attuativo per il Lazio).

    Nell’ultimo capitolo si analizzano tutti i punti luce presenti nelle tre facoltà di Ingegneria, Lettere ed Economia di questa università, collocandoli geograficamente e dando conto delle loro caratteristiche. Soprattutto là dove non rispettano la legge della Regione Lazio 23/00, si propongono alcune funzionali modifiche da apportare agli impianti.
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