Il Dipartimento dell’energia americano, forte dei rinnovati finanziamenti da parte del Senato, ha portato a compimento una nuova ricerca ad opera del suo dipartimento di Tecnologia dell’Energia (NETL): basandosi sul principio della Geological Sequestration, hanno testato la possibilità di
immagazzinare in maniera permanente il biossido di carbonio nei giacimenti profondi di carbone commercialmente inutilizzabili: questa soluzione avrebbe il vantaggio ulteriore di permettere il desorbimento contemporaneo del metano presente nei giacimenti in questione al fine di renderlo disponibile come fonte energetica.
Come gruppo di sperimentazione è stato costituito il Geological Sequestration Core Flow Laboratory (GSCFL), in quale ha provveduto ad eseguire numerosi esperimenti di iniezione di CO2, con il compito di studiare le dinamiche di stoccaggio dell’anidride carbonica e le possibili controindicazioni, quali la penetrazione in falda o l’indebolimento strutturale della roccia.
Le analisi hanno richiesto oltre 2000 campioni di carbone proveniente da giacimenti di un terzo degli stati della Federazione: queste rilevazioni hanno portato alla luce una discreta uniformità di profondità e di quantità di metano presente nel sottosuolo. L’interrogativo che permane – sul quale, in ogni caso, verranno condotte altre sperimentazioni – è la stabilità ed irreversibilità dell’immagazzinamento nel sottosuolo dell’anidride carbonica. Se così fosse, le vene carbonifere potrebbero rappresentare un importante “valvola di scarico” per il biossido di carbonio prodotto dalle attività industriali. Secondo le prime stime, le potenzialità di questi depositi arriverebbero ai 3000 miliardi di tonnellate di CO2.