Picchi di smog a Pechino
La prossima sede delle Olimpiadi estive alle prese con un nuovo nemico: l'inquinamento atmosferico
[15/03/2007]
L'allarme nella capitale più inquinata d’Asia è a livelli altissimi. A poco più di 500 giorni dalle Olimpiadi –i dati sull'inquinamento dell'aria e sulla concentrazione di polveri sottili suggeriscono che le promesse non hanno prodotto effetti.
Nei giorni scorsi, sole oscurato, nebbia fittissima, odori nauseanti e due milioni di auto incolonnate hanno spinto le autorità, per quanto riluttanti a diffondere i reali dati sull’inquinamento, a raccomandare di non uscire di casa a piedi, se non per motivi di vitale importanza.
Pechino sconta certamente una posizione geografica che la espone a tempeste di sabbia e di polvere (in primavera) dovute a processi di desertificazione e che la rende vulnerabile alla formazione (in estate) di gabbie di aria calda umidissima. Ma l'esplosione del traffico urbano, privo fino a qualche tempo fa di controlli (ora sono state installate 700 videocamere e presto arriveranno le centraline per regolare l'accesso all'interno della seconda circonvallazione) e le decine di ciminiere di centrali termoelettriche che in città emettono quantità straordinarie di fumi e di gas hanno dato il colpo di grazia.
Una relazione della Banca per lo Sviluppo in Asia mette il dito nella piaga e riferisce che, osservando i dati del 2005, il livello di PM10 (polveri sottili) balla dai 142 microgrammi per metro cubo fino ai 175, quasi otto volte superiore a quello (20 microgrammi) che l'Organizzazione Mondiale della Sanità considera sopportabile.
La consapevolezza che la questione merita un'attenzione particolare e pari agli sforzi che il Paese sta compiendo per garantire equamente più benessere alle sue famiglie ha preso vigore nei piani nobili del Potere. La Cina, con la complicità di non poche multinazionali straniere che sono venute a investire senza riguardo alcuno per l'ambiente, contribuisce in modo sostanziale al riscaldamento globale del pianeta.
Il premier Wen Jiabao, all'inizio della settimana nella relazione con la quale ha aperto il Congresso del Popolo, ha detto con forza che l'ambiente è la grande sfida dei prossimi anni. Senza dubbio la necessità di una svolta di politica interna di tipo verde – o almeno minormente grigio smog – è auspicabile sia per i cittadini cinesi che per la comunità mondiale.
Nei giorni scorsi, sole oscurato, nebbia fittissima, odori nauseanti e due milioni di auto incolonnate hanno spinto le autorità, per quanto riluttanti a diffondere i reali dati sull’inquinamento, a raccomandare di non uscire di casa a piedi, se non per motivi di vitale importanza.
Pechino sconta certamente una posizione geografica che la espone a tempeste di sabbia e di polvere (in primavera) dovute a processi di desertificazione e che la rende vulnerabile alla formazione (in estate) di gabbie di aria calda umidissima. Ma l'esplosione del traffico urbano, privo fino a qualche tempo fa di controlli (ora sono state installate 700 videocamere e presto arriveranno le centraline per regolare l'accesso all'interno della seconda circonvallazione) e le decine di ciminiere di centrali termoelettriche che in città emettono quantità straordinarie di fumi e di gas hanno dato il colpo di grazia.
Una relazione della Banca per lo Sviluppo in Asia mette il dito nella piaga e riferisce che, osservando i dati del 2005, il livello di PM10 (polveri sottili) balla dai 142 microgrammi per metro cubo fino ai 175, quasi otto volte superiore a quello (20 microgrammi) che l'Organizzazione Mondiale della Sanità considera sopportabile.
La consapevolezza che la questione merita un'attenzione particolare e pari agli sforzi che il Paese sta compiendo per garantire equamente più benessere alle sue famiglie ha preso vigore nei piani nobili del Potere. La Cina, con la complicità di non poche multinazionali straniere che sono venute a investire senza riguardo alcuno per l'ambiente, contribuisce in modo sostanziale al riscaldamento globale del pianeta.
Il premier Wen Jiabao, all'inizio della settimana nella relazione con la quale ha aperto il Congresso del Popolo, ha detto con forza che l'ambiente è la grande sfida dei prossimi anni. Senza dubbio la necessità di una svolta di politica interna di tipo verde – o almeno minormente grigio smog – è auspicabile sia per i cittadini cinesi che per la comunità mondiale.
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