Le speranze della bioenergia
Dalla terza conferenza mondiale sul Futuro della Scienza (The future of Science) un interessante confronto con Michael Bevan, vicepresidente della European Plant Science Organisation
[01/10/2007]
“Politici e opinionisti non si rendono conto del potenziale enorme delle piante per risolvere il problema della sostenibilità e sicurezza delle fonti di energia”, sostiene Micael Bevan, biologo del John Innes Centre di Norwich e vicepresidente della European Plant Science Organisation., durante il suo intervento alla Terza Conferenza Mondiale sul Futuro della Scienza, sul tema “The Energy Challenge” che si apre oggi a Venezia. “L’obiettivo europeo di ottenere il 20% del carburante per il trasporto da fonti alternative al petrolio può essere raggiunto con il contributo delle piante.”
La fotosintesi (che è la trasformazione in zuccheri, e poi in ossigeno, della luce solare e dell’anidride carbonica) è un processo effettuato da piante, batteri e alghe, le cosiddette biomasse, che sono anche la base delle catene alimentari che sostengono quasi tutte le forme di vita della terra, compresa quella umana. I resti degli organismi fotosintetici vanno nel tempo a formare le riserve di carbone e petrolio. Tuttavia l’utilizzo intensivo di queste riserve e la progressiva industrializzazione hanno disturbato l’equilibrio dei gas atmosferici, stabilito e mantenuto dalla fotosintesi. Questi cambiamenti in futuro destabilizzeranno il clima e renderanno il cibo meno sicuro e meno abbondante.
“Tuttavia – continua Bevan – proprio le piante possono offrire soluzioni importanti: la ricerca sta sviluppando piante per la produzione di biocarburanti, per evitare di sottrarle alla produzione alimentare, causando squilibri nella disponibilità dei terreni e nei costi finali per i consumatori. Per questo la ricerca sulle biomasse segue gli stessi passi tecnologici e concettuali che rendono la biologia moderna un ambiente creativo e a rapidissima crescita. Tali tecnologie includono l’applicazione della genomica e della modificazione genetica, la scoperta di nuove fonti di biodiversità, l’identificazione di nuovi geni per la conversione e la produzione di biomasse.”
“Le piante utilizzate fino ad oggi hanno mostrato dei limiti in fatto di efficienza”, commenta Chiara Tonelli, Segretario generale della Conferenza e docente di genetica al Dipartimento di Scienze Biomolecolari e Biotecnologie dell’Università Statale di Milano; “al momento le biomasse coprono meno dell’1% delle esigenze energetiche per i trasporti, sostanzialmente perché utilizziamo specie che sono state selezionate da millenni pensando alla resa alimentare, come mais, frumento, colza e canna da zucchero che vengono sfruttate per la produzione di etanolo e biodiesel. Occorre ora selezionare piante a basso impatto ambientale. Stiamo studiando altre specie come il Miscantus, che è un erba perenne o il pioppo e la robinia, alberi che richiedono una manutenzione limitata e possono rivelarsi più adatti alla produzione di biocarburanti. Infine non è eslcuso che presto riusciremo a realizzare in modo economico ed efficiente il processo di degradazione della cellulosa presente nelle cellule vegetali per produrre etanolo dagli scarti agricoli, come la paglia, o dall’erba tagliata dai parchi delle città.”
La fotosintesi (che è la trasformazione in zuccheri, e poi in ossigeno, della luce solare e dell’anidride carbonica) è un processo effettuato da piante, batteri e alghe, le cosiddette biomasse, che sono anche la base delle catene alimentari che sostengono quasi tutte le forme di vita della terra, compresa quella umana. I resti degli organismi fotosintetici vanno nel tempo a formare le riserve di carbone e petrolio. Tuttavia l’utilizzo intensivo di queste riserve e la progressiva industrializzazione hanno disturbato l’equilibrio dei gas atmosferici, stabilito e mantenuto dalla fotosintesi. Questi cambiamenti in futuro destabilizzeranno il clima e renderanno il cibo meno sicuro e meno abbondante.
“Tuttavia – continua Bevan – proprio le piante possono offrire soluzioni importanti: la ricerca sta sviluppando piante per la produzione di biocarburanti, per evitare di sottrarle alla produzione alimentare, causando squilibri nella disponibilità dei terreni e nei costi finali per i consumatori. Per questo la ricerca sulle biomasse segue gli stessi passi tecnologici e concettuali che rendono la biologia moderna un ambiente creativo e a rapidissima crescita. Tali tecnologie includono l’applicazione della genomica e della modificazione genetica, la scoperta di nuove fonti di biodiversità, l’identificazione di nuovi geni per la conversione e la produzione di biomasse.”
“Le piante utilizzate fino ad oggi hanno mostrato dei limiti in fatto di efficienza”, commenta Chiara Tonelli, Segretario generale della Conferenza e docente di genetica al Dipartimento di Scienze Biomolecolari e Biotecnologie dell’Università Statale di Milano; “al momento le biomasse coprono meno dell’1% delle esigenze energetiche per i trasporti, sostanzialmente perché utilizziamo specie che sono state selezionate da millenni pensando alla resa alimentare, come mais, frumento, colza e canna da zucchero che vengono sfruttate per la produzione di etanolo e biodiesel. Occorre ora selezionare piante a basso impatto ambientale. Stiamo studiando altre specie come il Miscantus, che è un erba perenne o il pioppo e la robinia, alberi che richiedono una manutenzione limitata e possono rivelarsi più adatti alla produzione di biocarburanti. Infine non è eslcuso che presto riusciremo a realizzare in modo economico ed efficiente il processo di degradazione della cellulosa presente nelle cellule vegetali per produrre etanolo dagli scarti agricoli, come la paglia, o dall’erba tagliata dai parchi delle città.”
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