Il 18 aprile 2005, con più di un anno di ritardo dall’entrata in vigore delle direttive comunitarie 2004/18/CE e 2004/17/CE, il Parlamento italiano ha emanato la legge delega n. 62/2005 per il recepimento delle citate direttive che disciplinano il vasto mondo dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.
Il Governo ha esercitato la propria delega all’inizio del 2006 approntando un testo unico sugli appalti, di cui il Consiglio dei Ministri ha definitivamente varato il testo sotto forma di decreto legislativo il 12 aprile 2006, con la denominazione di “Codice Unico dei Contratti Pubblici relativi a Lavori, Servizi e Forniture”, in vigore dal 1° luglio 2006.



L’approccio è stato quello di chi ritiene che si tratti di un tentativo, alquanto impegnativo, di realizzare «un’opera di razionalizzazione e semplificazione mai intrapresa prima», con la consapevolezza che il puntuale recepimento delle direttiva rendeva necessaria l’adozione di significative innovazioni principalmente per il settore dei lavori pubblici, in cui il legislatore nazionale si era in più punti discostato dal diritto comunitario, e non per il settore dei servizi e delle forniture, per in quale, in realtà, erano già state recepite le precedenti direttive.
L’elaborazione del testo, poi, è stata accompagnata da due ordini distinti di riflessioni:
- da un lato, premeva l’esigenza di tenere sempre presente sia sul piano legislativo che amministrativo, il ruolo crescente del diritto comunitario nel nostro ordinamento, con il suo preziosissimo bagaglio di principi legati alla valorizzazione della libertà economica, dell’effettività della concorrenza, della trasparenza e dell’efficienza dell’azione amministrativa;
- mentre, dall’altro occorreva muoversi coerentemente nell’ambito del nuovo e complesso riparto di competenze come configurato nel Titolo V della Costituzione tra Stato e Regioni.

Riprendendo le novità introdotte dalle direttive, il Codice dei Contratti si muove su quattro direttive principali:
1. SEMPLIFICAZIONE -> scelta di definire nel testo unico i profili essenziali della disciplina, lasciando alle fonti secondarie la disciplina degli aspetti di dettaglio; determinazione delle nuove soglie (tratte dalla Direttiva Unica Appalti) e l’adozione in via generalizzata di un vocabolario comune (CPV, Common Procurement Vocabulary).
2. RAFFORZAMENTO -> modifiche apportate alla disciplina delle specifiche tecniche (dirette a garantire una maggiore competizione e una più estesa partecipazione degli operatori alle procedure di aggiudicazione, anche attraverso un più ampio ricorso al principio di equivalenza); l’intervento sulla regolamentazione dei criteri di aggiudicazione, realizzato prevedendo l’obbligo dell’amministrazione aggiudicatrice di indicare nel bando di gara o nel capitolato d’oneri le modalità di ponderazione e valutazione scelti in relazione alla natura dell’appalto; l’introduzione di modifiche significative in merito ai requisiti di qualificazione (riconoscendo a tutti i concorrenti la possibilità di dimostrare la propria capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa avvalendosi dei requisiti di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei rapporti che li legano a questi ultimi); l’inserimento di rigidi criteri di esclusione dell’offerente che sia stato condannato con sentenza passata in giudicato per i reati di criminalità organizzata, corruzione o frode ai danni della comunità.
3. MODERNIZZAZIONE -> l’introduzione di un’ampia possibilità di ricorrere agli strumenti telematici, sia nella procedura concorsuale (sistemi dinamici di acquisizione), sia quale mezzo di confronto delle offerte (aste elettroniche), sia, infine, quale celere strumento per pubblicazioni e comunicazioni.
4. FLESSIBILITÀ -> ampliamento del numero e della tipologia delle procedure di aggiudicazione: alle classiche procedure allargate e ristrette e a quelle negoziate, il nuovo Codice degli appalti aggiunge strumenti organizzativi e negoziali come il dialogo competitivo, il sistema dinamico di acquisizione e nuovi modelli contrattuali come la concessione di servizi e l’accordo quadro (in origine previsto per i soli settori speciale ed ora esteso anche ai settori tradizionali).

È importante, a questo punto, evidenziare che vi sono alcuni aspetti del Codice dei Contratti Pubblici che sono, e saranno probabilmente a lungo, oggetto di vivace dibattito politico e amministrativo, come afferma lo stesso Pasquale De Lise, presidente del TAR del Lazio e della Commissione che ha elaborato il testo del D.Lgs. 163/2006, nella relazione di presentazione di quest’ultimo. Si elencano di seguito i principali.
Il testo presentato può sembrare eccessivamente lungo, si compone, infatti, di 257 articoli peccando dal punto di vista della semplificazione normativa. In realtà il codice riduce a 257 articoli una materia (i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, sopra e sottosoglia, nei settori ordinari e nei settori speciali), prima disciplinata da oltre cinquanta testi normativi, con conseguente abrogazione di un numero di articoli molto più elevato rispetto a quelli di cui si compone il codice. Gli altri codici dell’ordinamento giuridico italiano (della proprietà industriale, del consumo, delle assicurazioni private) non sono più brevi, pur riguardando materie meno complesse.
Molti dei 257 articoli, necessitano di un regolamento attuativo per essere resi operativi. Si è venuto così a creare un notevole vuoto normativo a causa dei tempi eccessivamente lunghi con i quali il legislatore sta facendo fronte a quest’obbligo regolamentativo. Il suo compito è reso ancora più difficile dalle continue modifiche apportate al codice attraverso una serie di decreti legislativi correttivi.
In altri casi, invece, il Codice appare ridondante: vengono ad esempio più volte richiamate norme che impediscono di ricorrere agli strumenti descritti in modo abusivo o in modo da ostacolare, limitare o distorcere la concorrenza, una precisazione che appare pressoché inutile, poiché sono già disciplinati divieti in tal senso negli ordinamenti tanto comunitario quanto nazionale.
Sulla possibilità di utilizzare la procedura di licitazione privata, il Codice ha confermato la soluzione della Merloni, che per i lavori di fatto azzera la licitazione privata. La Commissione aveva espresso un diverso avviso (maggiore discrezionalità nella licitazione privata), ma la soluzione adottata dal Consiglio dei Ministri si pone in linea di continuità con quanto previsto, appunto, dalla Legge Merloni. La licitazione privata comunitaria è infatti limitata agli appalti di lavori di importo superiore a 40 milioni di euro, mentre trova applicazione in relazione ai servizi e alle forniture, come già previsto nel diritto vigente.

Il Codice dei Contratti Pubblici è, comunque, da considerarsi un Work In Progress in quanto, è stato e sarà oggetto di numerose modifiche parziali che hanno l’obiettivo di prorogare i termini di efficacia di alcune norme in esso contenute e correggerne alcune disposizioni.

Approfondimento: l’articolo 85 del Codice - aste elettroniche.
L’art. 85 recepisce gli artt. 54 della direttiva n. 2004/18 e 56 della direttiva n. 2004/17, tenendo presente il previgente contesto normativo italiano di cui al D.P.R. n. 101/2002 (Regolamento recante criteri e modalità per l’espletamento da parte delle amministrazioni pubbliche di procedure telematiche di acquisto per l’approvvigionamento di beni e servizi).
Le aste elettroniche sono definite dall’art. 3, comma 15, come «un processo per fasi successive basato su un dispositivo elettronico di presentazione di nuovi prezzi, modificati al ribasso, o di nuovi valori riguardanti taluni elementi delle offerte, che interviene dopo una prima valutazione completa delle offerte permettendo che la loro classificazione possa essere effettuata sulla base di un trattamento automatico. Gli appalti di servizi e di lavori che hanno per oggetto prestazioni intellettuali, come la progettazione di lavori, non possono essere oggetto di aste elettroniche».
In altri termini, l’asta elettronica costituisce nel Codice una nuova fase delle normali procedure di gara, le quali seguono le regole ordinarie fino alla presentazione delle offerte, che potranno essere presentate e gestite, appunto, per via elettronica, secondo la norma in commento.
Il maggior pregio dell’asta elettronica è la sua adattabilità a tutte le procedure previste dal Codice. L’asta elettronica è infatti utilizzabile in ogni tipologia di gara (aperta, ristretta o negoziata con bando), nonché in occasione del rilancio del confronto competitivo fra le parti di un accordo quadro, e dell’indizione di gare per appalti da aggiudicare nell’ambito del sistema dinamico di acquisizione. Addirittura. Ai sensi dell’ultimo comma, le stazioni appaltanti possono stabilire di ricorrere a procedure di gara interamente gestite con sistemi telematici, procedure comunque da disciplinare nel dettaglio con successive norme regolamentari.
La stazione appaltante può optare per il ricorso ad un’asta elettronica indicandolo espressamente nel bando di gara relativo all’aggiudicazione di un appalto. Il bando in tal caso dovrà indicare anche altre specifiche informazioni, tra le quali, in particolare, le informazioni riguardanti il dispositivo elettronico utilizzato, le modalità e specifiche tecniche di collegamento, gli elementi i cui valori sono oggetto di valutazione automatica nel corso dell’asta elettronica, le condizioni alle quali gli offerenti possono effettuare rilanci e, in particolare, gli scarti minimi eventualmente richiesti per il rilancio.
Prima di procedere all’asta elettronica vera e propria, le stazioni appaltanti effettuano una prima valutazione delle offerte dei partecipanti, pervenute non necessariamente per via telematica.
A questo punto parte l’asta elettronica: tutti i soggetti che hanno presentato offerte ammissibili vengono invitati, simultaneamente e per via elettronica, a presentare nuovi prezzi o nuovi valori, i cd. rilanci. L’asta elettronica inizierà non prima di due giorni dopo la data di invio degli inviti, si svolgerà in un’unica seduta, e sarà dichiarata conclusa all’ora preventivamente fissata.
Infine il Codice rinvia alla normativa regolamentare per definire ulteriori presupposti e condizioni specifiche per il ricorso a tale strumento; per i requisiti e le modalità tecniche della procedura di asta elettronica; per le condizioni e le modalità di esercizio del diritto di accesso agli atti della procedura di asta elettronica. È importante sottolineare che il vuoto regolamentare non è ancora stato colmato creando così un evidente problema a tutte le pubbliche amministrazioni, che, attualmente, applicano ancora alcune disposizioni del D.P.R. n. 101/2002, sforzandosi però di non disattendere le indicazioni delle direttive comunitarie.