Analisi degli incidenti autostradali: un modello probabilistico per la valutazione dei fattori di rischio
Metodiche di approccio statistico per la prevenzione degli incidenti stradali
Sommario
Lo studio si inserisce nell'orizzonte della ricerca sulla circolazione stradale che si occupa del miglioramento delle condizioni di sicurezza, sia del singolo che di tutta la collettività. L'obiettivo è quello di approfondire le conoscenze del fenomeno, a partire dall'esame delle situazioni di pericolo verificate e rilevate. In particolare si concentra l’attenzione sull'ambiente esterno e sulle condizioni stradali e di traffico. Il rischio viene definito come la probabilità che si verifichi un incidente condizionata dalla presenza di certe condizioni esterne e viene valutato mediante la formula di Bayes. Partendo dall'analisi dei dati sugli incidenti rilevati su alcuni tracciati autostradali italiani, si giunge ad individuare le situazioni di maggiore pericolosità. Tra l’altro si osserva che la presenza simultanea di alcuni fattori può risultare molto critica e ciò evidenzia i possibili effetti sinergici tra due o più fattori di rischio. Le indicazioni e i suggerimenti che emergono dallo studio possono trovare applicazione nel quadro degli interventi e delle iniziative che mirano a ridurre la pericolosità delle strade e a migliorare la sicurezza di tutti gli utenti.
Introduzione
Per poter capire quali siano i provvedimenti più urgenti e più incisivi da adottare per migliorare la sicurezza stradale è necessario studiare le cause del fenomeno dell’incidentalità, cioè riuscire a stabilire:
· quanto ogni singola componente legata all’ambiente, all’infrastruttura, al conducente o al veicolo concorra a determinare una condizione di pericolo;
· quale combinazione tra i differenti fattori (ambiente stradale, conducente e veicolo) sia più pericolosa.
Questo studio è finalizzato, in particolare, a stabilire quale sia l’influsso sul numero e sulla tipologia degli incidenti dell’ambiente stradale, inteso come condizioni meteorologiche in atto e caratteristiche morfologiche dell’infrastruttura. Si considera inoltre anche l’influenza dei valori di flussi di traffico e delle coordinate temporali, oltre che spaziali.
Si è ritenuto opportuno indagare questi fattori in relazione all’incidentalità dopo aver constatato che, per quanto riguarda i fattori ambientali, gli studi presenti in letteratura non sono esaustivi; inoltre la maggior parte di essi focalizza l’attenzione solo su alcune componenti, trascurando, o dando minor rilievo, alle altre. Tra gli elementi analizzati più di frequente si incontrano le caratteristiche geometriche della sezione stradale e l'andamento del tracciato (H.M. Al-Deek-1996, D. Bellini-1996, R. Bérard-1998, H. Fontaine-1997, K. Lupton-1996, M.H. Vandersmissen-1996, M. Villa-1992). Nell’analisi qui presentata non vengono considerate né la condizione del veicolo né la responsabilità del conducente, che, con l’ambiente stradale, costituiscono i tre ambiti all’interno dei quali vengono ricercate le cause dei sinistri.
Lo studio si articola in tre fasi:
1. Creazione di una banca dati: il database impiegato per questa ricerca è stato costruito analizzando gli incidenti avvenuti sulle Tangenziali Est e Ovest di Milano e sulle autostrade A7 Milano-Serravalle e A6 Torino-Savona, durante il quadriennio 1994-1997.
2. Proposta del modello: si è costruito un modello che permette di calcolare per ogni situazione un indice di rischio, definito in termini probabilistici applicando la formula di Bayes;
3. Analisi dei risultati: si è applicato il modello proposto utilizzando il database creato e si sono individuate le situazioni più critiche per i tracciati presi in considerazione.
E' importante sottolineare che la banca dati, costituita da un campione piuttosto eterogeneo, presenta l’indubbio vantaggio di considerare contemporaneamente realtà molto differenti e di porre l’attenzione su molteplici aspetti della sicurezza stradale. Infatti, se le Tangenziali di Milano costituiscono un ottimo esempio per studiare le caratteristiche dell’incidentalità quando sono in movimento elevatissimi volumi di traffico, la Milano-Serravalle offre il classico esempio di autostrada costruita con moderni criteri (tracciato per la maggior parte a tre corsie, prevalenza di tratti in rettilineo rispetto a quelli in curva) che permettono di sviluppare elevate velocità. Infine, la Torino-Savona, che rappresenta un unicum nel panorama autostradale italiano, in quanto conserva ancora tratti a carreggiata unica, permette di evidenziare come, intervenendo su certe caratteristiche del tracciato (numero di corsie), si possano ottenere dei miglioramenti sostanziali per la sicurezza degli automobilisti.
Le rilevazioni statistiche a disposizione sugli incidenti stradali, in Italia, come nel resto del mondo, non danno una copertura totale del fenomeno. Questa sottostima emerge confrontando il numero delle denunce delle Società Autostradali e i dati forniti dagli ospedali e dalle assicurazioni. In Italia, in particolare, si rileva anche un altro aspetto: la sottostima del numero di vittime per incidenti stradali. Ciò è in parte dovuto al fatto che si considerano morte nell’incidente solo le persone decedute entro il settimo giorno dal sinistro, mentre in quasi tutti i Paesi questo periodo è fissato in trenta giorni. In questa indagine il numero dei morti risulta ulteriormente sottostimato, perché le informazioni sono state raccolte dalle Società Autostradali, che compiono la rilevazione non appena l’evento si è verificato, senza registrare eventuali aggiornamenti.
La rete stradale e la banca dati
L'autostrada A6 Torino-Savona risale alla fine degli anni cinquanta. Pur costituendo uno dei lati del quadrilatero autostradale nord-occidentale Milano-Torino-Savona-Genova, presenta, ancora oggi, due tratte a carreggiata singola lunghe complessivamente circa 35 km. Tali tratte, in cui l’arteria è suddivisa in tre corsie, una per ciascun senso di marcia e la terza utilizzata come corsia di sorpasso alternato, fanno sì che la A6 rappresenti uno degli ultimi esempi di un tipo di sezione autostradale che è destinata a scomparire. Lo sviluppo complessivo dell’arteria è di 125,625 chilometri, con 11 punti di accesso.
Il progetto dell'autostrada A7, Milano-Serravalle, risale al 1956, mentre l’apertura avvenne nel 1960. Si tratta della realizzazione di un’idea degli anni Trenta che proponeva la costruzione di un’autocamionale per collegare Milano a Genova, un progetto concretizzatosi solo in parte con la costruzione della tratta appenninica, a una sola carreggiata, fino alla valle del Po; il traffico verso Milano veniva poi indirizzato sulla Statale dei Giovi. Lo sviluppo è di 84,496 chilometri, con 8 caselli di accesso. Vi sono poi due svincoli in corrispondenza della A21 Torino-Piacenza e della A26 Genova-Voltri. Il tracciato di questa autostrada è per la maggior parte rettilineo e prevalentemente a tre corsie, per ogni senso di marcia, tranne nei tratti compresi tra il chilometro 43+000 e il chilometro 63+000 e tra il km 72+000 e il km 84+496, dove si conserva l'originaria sezione a due corsie per carreggiata.
I lavori della Tangenziale Ovest iniziarono nel 1965 e terminarono nel 1968, per un’estensione complessiva di 31,5 km. Si voleva rispondere in questo modo all’esigenza di collegare direttamente, con un sistema dalle caratteristiche autostradali, le cinque autostrade e le più importanti strade statali e provinciali lungo le direttrici nord, ovest e sud di Milano. La Tangenziale Ovest, con ben 12 svincoli, collega da nord a sud le autostrade A8/A9 Milano-Varese-Como-Chiasso-Sesto Calende, la A4 Milano-Torino, la A7 Milano-Genova, la A1 Milano-Napoli, la Strada Statale del Sempione, la S.S. 11 Padana Superiore, la S.S. 35 dei Giovi, le Strade Provinciali Vigevanese Nuova e Vecchia e la S.P. della Val Tidone; ci sono poi gli svincoli in corrispondenza di Settimo Milanese e Cusago. Alle due corsie iniziali è stata aggiunta una terza corsia, per entrambi i sensi di marcia e sull'intero tracciato, per rispondere meglio alle maggiori richieste dell’utenza.
I lavori della Tangenziale Est vennero iniziati nel 1969 e terminarono nel 1973, con il definitivo congiungimento tra la A1 Milano-Napoli e la A4 Milano-Venezia; nel 1975 venne inaugurato il prolungamento da Agrate fino a Vimercate e nel 1992 quello ulteriore per Usmate. La Tangenziale Est, con un'estensione di circa 30 km, è intensamente interconnessa con la viabilità extraurbana e con le grandi direttrici della viabilità urbana in direzione est. Ben 22 svincoli testimoniamo questa importante funzione di collegamento: vengono servite anche l’area aeroportuale di Linate e il Centro Autotrasporto Merci di Milano; infine, in località cascina Gobba si può accedere a un ampio parcheggio di connessione con il sistema di trasporto urbano di superficie e con la metropolitana. Come per la Tangenziale Ovest, sono stati necessari lavori di ampliamento per aggiungere una terza corsia; rimane ancora un tratto a due corsie tra il chilometro 19+500 e il chilometro 29+300.
I dati presenti nella banca dati si possono dividere in due gruppi:
· informazioni ricavate direttamente dalle schede d'incidente;
· informazioni associate ai singoli eventi ricavate mediante un opportuno intervento di rielaborazione.
Rientrano tra le prime la data del sinistro, il giorno della settimana, l'ora, la progressiva chilometrica, la direzione di marcia, le condizioni meteorologiche e del fondo stradale, il numero e la tipologia dei veicoli coinvolti, la tipologia d'incidente e il numero di morti e feriti. Le schede esaminate sono state in totale 6775.
Le Figure 1 e 2 offrono una rappresentazione sintetica della distribuzione degli eventi tra i diversi tracciati autostradali per i quattro anni oggetto dell’indagine. Si nota subito che le tangenziali, pur avendo estensioni molto ridotte rispetto alle due autostrade, registrano un più elevato numero di sinistri e che la A6, l’autostrada più lunga tra le quattro considerate, ne conta invece il numero minore. Il numero maggiore di incidenti si osserva sulla Tangenziale Ovest.
La Fig. 1 tuttavia non considera la gravità dei sinistri: per esempio, essa non evidenzia il maggior tasso di mortalità caratteristico della A6. La Fig. 2 mostra come l’incidentalità sia aumentata negli anni. Bisogna però notare che questo incremento non è distribuito uniformemente: il numero di incidenti risulta leggermente crescente su A6 e A7; le tangenziali, invece, presentano un numero quasi costante di incidenti nei primi due anni, e un aumento considerevole nei successivi due.
Le informazioni ricavate mediante opportuna rielaborazione comprendono i dati geometrici e i valori dei flussi di traffico. Per localizzare ogni incidente è stato necessario infatti creare un’opportuna banca dati geometrica per ognuno dei quattro tracciati in esame. Utilizzando le planimetrie ed i profili longitudinali, è stato possibile scomporre ogni tracciato in una successione di tratti omogenei per le due carreggiate. In particolare a ogni tratta si associa: lo sviluppo dei rettilinei; lo sviluppo delle curve a destra e a sinistra; la presenza di svincoli in entrata o uscita e la presenza delle barriere. Per gli svincoli in entrata si considera zona di svincolo il tratto da 150 metri precedenti lo svincolo a 150 metri successivi; per gli svincoli in uscita si considera come zona di svincolo i 300 metri precedenti l’uscita. Per quanto riguarda le barriere, si è ipotizzato che l’influenza della barriera si estenda per un tratto di un chilometro a cavallo della stessa. Dopo questa operazione preliminare, si associa ogni incidente, in base alla progressiva chilometrica, a una delle cinque caratteristiche geometriche del tracciato.
È stato poi necessario creare un’apposita banca dati dei flussi per poter assegnare ad ogni incidente il flusso di traffico corrispondente. Utilizzando sia i valori dei TGM (traffico giornaliero medio) che i movimenti giornalieri e orari ai caselli, messi a disposizione dalle Società Autostradali, si è ricavato, con un certo grado di approssimazione, il valore del flusso di traffico per anno, tratta, stagione, carreggiata, giorno della settimana e ora del giorno. I flussi ricavati per carreggiata sono stati calcolati anche per corsia e normalizzati rispetto ad un valore massimo teorico, considerato pari a 2200 veicoli/ora.
La rappresentazione grafica delle informazioni contenute nel database permette alcune prime considerazioni. Le tipologie di incidente che maggiormente ricorrono sono, come mostrato in Figura 3:
1. fuoriuscita laterale (38,4%);
2. tamponamento (31,4%);
3. urto cuspide (8,3%);
4. scontro laterale (5,5%).
Tutte le altre tipologie (scontri frontali, urto impianti, perdite di carico, incendi e ribaltamenti) contano un numero di incidenti molto minore, pari nell’insieme al 16,4%.
Se le tipologie più diffuse (fuoriuscite e tamponamenti) vengono messe in relazione con il giorno della settimana in cui si sono verificati gli incidenti, si può notare che c’è sempre, tranne il venerdì, una prevalenza delle fuoriuscite laterali sui tamponamenti. Questa prevalenza è lieve nei primi quattro giorni della settimana e molto accentuata nei giorni di sabato (449 incidenti contro 291) e domenica (577 incidenti contro 277), giorno in cui le fuoriuscite laterali sono più del doppio dei tamponamenti (Figura 4).
Questo fatto va messo in relazione con i flussi di traffico: quando il numero di veicoli in movimento è molto elevato, come al venerdì, prevalgono i tamponamenti. Quando, invece, il numero di veicoli in circolazione è più contenuto, prevalgono gli incidenti connessi a velocità maggiori, che favoriscono la perdita di controllo del veicolo.
Esaminando la frequenza degli incidenti nelle varie ore della giornata si nota che le fuoriuscite laterali hanno minori oscillazioni nel tempo e sono molto numerose anche nelle ore notturne: da 516 incidenti nell’intervallo 0-6 si passa a 796 nell’intervallo 12-18. Diversa è la distribuzione temporale dei tamponamenti che passano da 163 nelle ore notturne a 736 nell’intervallo 12-18 (vedi Figura 5).
Ancora una volta si nota che nelle ore di punta (7-9 e 17-19), quando il traffico è vicino alla congestione, i tamponamenti sono la tipologia di incidente più diffusa, mentre al di fuori di questi orari prevalgono le fuoriuscite, legate in genere a velocità maggiori.
Considerando, invece, la totalità degli incidenti in relazione alla loro distribuzione oraria nei vari giorni della settimana (Figura 6) si osserva che nei giorni feriali (ad esempio il venerdì) i picchi di incidentalità si concentrano in corrispondenza delle ore di punta: 8-10, 14-16 e 18-20.
Il sabato e la domenica, invece, l’incidentalità si ripartisce in modo più omogeneo nel corso della giornata, con picchi più appiattiti. In particolare si deve rilevare che a un considerevole decremento dell’incidentalità nella notte di un giorno feriale, rispetto ai picchi diurni, si contrappone una soglia di incidentalità più elevata nella notte tra venerdì e sabato e ancora maggiore nella notte tra sabato e domenica; è significativo notare che il numero di incidenti a mezzogiorno di domenica è minore di quello relativo alle quattro del mattino dello stesso giorno.
Un’altra statistica di una certa importanza è quella relativa al numero di morti e feriti associato alla tipologia di incidente. A questo proposito si osserva che, nonostante il loro basso numero sul totale, gli incidenti per scontro frontale, per investimento pedonale, per urto di veicolo fermo e per ribaltamento hanno un elevato tasso di coinvolgimento (inteso come numero di morti e feriti rapportato al numero totale di incidenti), come si può vedere in Tabella 1. In taluni casi (scontro frontale e urto veicolo fermo) il tasso di coinvolgimento, per quanto riguarda i feriti, è addirittura superiore all’unità: ciò vuol dire che ogni incidente di questo tipo causa in media più di un ferito.
Tabella 1- Tassi di coinvolgimento per alcune tipologie di incidente
Altre tipologie di incidente, pur contando un numero maggiore di morti e feriti in valore assoluto, sono meno pericolose: ad esempio il tasso di coinvolgimento in termini di feriti delle fuoriuscite laterali è un quarto di quello degli scontri frontali e in termini di morti un quarantesimo.
Infine, per quanto riguarda fuoriuscite laterali e tamponamenti, i tamponamenti fanno registrare un maggior numero di feriti (1478 contro 1231) e un numero di vittime minore delle fuoriuscite (21 contro 38). La maggior mortalità per quest'ultima tipologia è verosimilmente legata, come già ipotizzato, alla velocità (v. Figure 7 e 8).
Valutazione probabilistica dei fattori di rischio
Le variabili esterne prese in esame sono:
· flusso;
· condizioni ambientali;
· caratteristiche geometriche del tracciato;
· presenza di svincoli;
Le metodiche di valutazione probabilistica sono qui di seguito riportate.
Risultati
Le prime considerazioni si possono ricavare dall’esame dei grafici che descrivono gli indici di rischio per una sola variabile, sia nel caso del rischio collettivo che nel caso del rischio individuale.
Per quanto riguarda il rischio collettivo si può notare che: l’indice di rischio in presenza di svincolo è 3,5 volte il fattore di rischio in assenza di svincolo (v. Figura 9).
L’indice di rischio in rettilineo è il più basso tra tutti quelli legati alla morfologia della strada; in curva a destra il fattore di rischio aumenta rispetto al rettilineo del 50%, in curva a sinistra del 100%, e in barriera del 250% (v. Figura 10).
L’indice di rischio in condizioni di cielo sereno/nuvoloso e fondo stradale asciutto è il più basso tra tutti quelli legati alle condizioni ambientali (v. Figura 11).
La configurazione associata a pioggia e fondo bagnato si presenta come quella a maggior rischio tra tutte le possibili situazioni meteorologiche.
Per quanto riguarda la variabile flusso, il rischio più elevato è associato alla classe 0,8 (in prossimità della totale congestione) che arriva a essere quasi sedici volte il rischio legato alla classe 0,1; il rischio cresce dalla classe 0,1 fino alla classe 0,8, mentre nelle ultime due classi torna a decrescere.
Le condizioni più pericolose sono quindi legate a flussi elevati, ma non massimi, mentre la probabilità di incidente sembra diminuire con il decrescere del numero di veicoli in circolazione (v. Figura 12).
Per quanto riguarda il rischio individuale, i grafici che descrivono la presenza di svincolo (Figura 13), le caratteristiche del tracciato (Figura 14) e le condizioni meteo/fondo (Figura 15) presentano gli stessi rapporti già messi in evidenza nell’analisi collettiva; ciò perché l’unica variazione rispetto al punto di vista collettivo già considerato è la costante P(i).
In Figura 16 è invece, rappresentato l’andamento dell’indice di rischio al variare delle classi di flusso. Dal punto di vista del rischio individuale si nota che la pericolosità è ripartita in modo molto più uniforme tra le varie classi di flusso (la classe più a rischio presenta un coefficiente che è il triplo di quello della classe meno pericolosa); a differenza tuttavia di quanto accade nel caso del rischio collettivo, in cui la classe di flusso 0,8 è la più pericolosa, in questo caso la pericolosità della classe 0,8 uguaglia quello della classe 0,1. Il fatto che la prima classe di flusso sia associata a uno dei rischi più elevati e che l’ultima classe sia legata a rischi più bassi permette di ipotizzare che il rischio individuale sia strettamente correlato alle velocità.
Le combinazioni di due fattori suggeriscono ulteriori considerazioni. In Figura 17 si considera la presenza di svincolo abbinata alle caratteristiche meteorologiche nel caso del rischio collettivo; nel caso del rischio individuale, rappresentato in Figura 18, i rapporti di pericolosità non cambiano, dal momento che non interviene la variabile flusso.
L’esame degli indici di rischio per le varie caratteristiche di meteo/fondo abbinate con le due condizioni di presenza o assenza di svincolo rivela che ogni condizione esterna è più insidiosa quando c’è lo svincolo: le probabilità di incidente sono per tutti i casi in media 3,5 volte in più. L’unico caso in cui non viene rispettata questa proporzione è quello del fondo innevato: la presenza di svincolo incrementa il rischio solo di un terzo rispetto al caso di assenza di svincolo; probabilmente, di fronte a una condizione così difficile del fondo stradale la pericolosità dello svincolo diventa secondaria.
In Figura 19 viene mostrato il rapporto tra condizioni meteorologiche e caratteristiche del tracciato per il rischio collettivo (anche in questo caso passando al rischio individuale, in Figura 20, i rapporti di pericolosità non cambiano).
Come si nota, la condizione di bagnato/pioggia sovverte completamente la classifica della pericolosità registrata in condizioni di asciutto e sereno. La curva a sinistra diventa in questo caso la condizione più pericolosa in assoluto, e, mentre il rettilineo, la curva a destra e la barriera duplicano la loro pericolosità con la pioggia, la curva a sinistra aumenta di cinque volte il proprio rischio. La maggiore pericolosità associata alle curve a sinistra quando il fondo è bagnato è legata al disegno della sezione: l’acqua che si raccoglie sul fondo stradale nelle curve a destra tende a defluire naturalmente verso le cunette laterali; nelle curve a sinistra, invece, tende a raccogliersi verso l’interno della carreggiata, proprio in corrispondenza della corsia di sorpasso. Quindi, la combinazione fondo bagnato ed elevata velocità (che caratterizza la corsia di sorpasso) incrementa notevolmente il rischio di incidente.
In Figura 21 si considera la presenza di svincolo abbinata alle caratteristiche geometriche del tracciato per il rischio individuale (per il rischio collettivo l'andamento è sostanzialmente dello stesso tipo).
La presenza di svincolo peggiora la situazione e aumenta la pericolosità, soprattutto nel caso delle curve: il rischio aumenta di cinque volte rispetto all’assenza di svincolo sia nelle curve a destra che in quelle a sinistra; in assenza di svincolo, invece, la pericolosità di curve e rettilinei ha lo stesso ordine di grandezza. Nel caso della barriera la presenza o assenza di svincolo non è particolarmente significativa: il rischio rimane pressoché invariato.
Quando si considera la variabile flusso, le differenze tra rischio individuale e collettivo sono più rilevanti. Per il rischio collettivo, sia in presenza che in assenza di svincolo, la classe di flusso più pericolosa risulta essere la 0,8. Come si può notare (v. Figura 22), in corrispondenza di questa classe l’indice di rischio aumenta in modo considerevole nelle zone di svincolo: risulta otto volte superiore al rischio per la stessa classe di flusso lontano dagli svincoli.
Nel caso del rischio individuale l’andamento è estremamente livellato tra le varie classi di flusso e differente a seconda che si consideri il caso di assenza o di presenza di svincolo (Figura 23). Lontano dagli svincoli la classe più pericolosa è la prima; per tutte le classi successive il rischio è minore (in classe 0,8 il fattore di rischio è il 30% in meno rispetto alla prima classe). In prossimità degli svincoli la pericolosità aumenta in corrispondenza a elevati flussi: il rischio in classe 0,8 è il doppio rispetto alla prima classe e per tutte le classi di flusso medio-alte il rischio rimane superiore alla prima classe, anche se poi si riduce fino a toccare valori minimi per l’ultima classe di flusso. Tuttavia il picco in corrispondenza della classe 0,8 è molto più contenuto. Infatti il valore del rischio è solo il quadruplo di quello in assenza di svincolo per la stessa classe di flusso.
Se si considera la combinazione tra flussi ed elementi geometrici del tracciato, gli indici di rischio indicano che, mediamente, per il rischio collettivo le curve a sinistra sono più pericolose di quelle a destra (+20%) in tutte le classi di flusso, mentre il rettilineo, pericoloso come le curve per le classi 0,1 e 0,2, con l’aumentare del numero di veicoli in circolazione mostra un rischio più basso: per la classe di flusso 1 il suo rischio si riduce a un terzo rispetto a quello delle curve. Ciò potrebbe permettere di collegare la pericolosità del rettilineo alle velocità eccessive con cui vengono percorsi quando il numero di veicoli in circolazione non è elevato. In ogni caso, sia per le curve che per i rettilinei, il rischio massimo si verifica sempre per la classe 0,8, che presenta un valore che arriva a essere 15 volte quello della classe 0,1. Per quanto riguarda le barriere, invece, sebbene sembrino più pericolosi i bassi flussi è tuttavia opportuno non trarre conclusioni affrettate. Infatti, nel caso delle barriere il numero di incidenti nella banca dati è ridotto e i risultati statistici potrebbero essere non affidabili.
Nella prospettiva individuale il rischio è più livellato tra le varie classi di flusso (v. Figura 24); i risultati che si possono trarre non si discostano da quanto già detto per curve e rettilinei a proposito del rischio collettivo.
Trascurando il caso delle barriere, che, come già sottolineato, potrebbero fornire un risultato non troppo affidabile, si può notare che il rischio in classe 0,8 è analogo al rischio della prima classe di flusso. Questo fatto conferma ancora una volta che per il rischio individuale sono insidiosi i bassi flussi e quindi le elevate velocità.
Gli indici di rischio sono stati ricavati anche per scenari definiti da tre o quattro variabili; tuttavia i risultati, in questi casi, non sono suffragati da un campione molto ampio. Aumentando infatti il numero di requisiti, si riduce considerevolmente il numero di eventi a disposizione per ogni singolo scenario. Si preferisce evitare di soffermarsi su questi grafici che potrebbero essere meno attendibili. Ciò non inficia naturalmente la validità del metodo, in quanto il problema può essere facilmente ovviato ampliando la banca dati, in modo tale da avere a disposizione un campione più numeroso.
Conclusioni
Volendo sintetizzare i risultati ottenuti, è possibile stilare una vera e propria classifica di pericolosità per le varie combinazioni di fattori esaminate.
Consideriamo prima il caso del rischio collettivo.
In termini assoluti le condizioni più a rischio sono nell’ordine:
classe di flusso 0,8 (24,7*10-4);
presenza di barriera (9,1*10-4);
presenza di svincolo (7,9*10-4),
pioggia in atto e fondo bagnato (7,1*10-4).
Appare evidente che tra le quattro condizioni quella di gran lunga più pericolosa è legata alle condizioni di flusso, mentre i rischi associati alle altre tre condizioni variano in un intervallo molto più ridotto: l’indice di rischio per il flusso è in media il triplo di quello relativo alla altre tre condizioni; le variazioni tra gli altri tre casi sono contenute in un margine del 20%.
Qualora si consideri l’interazione di due fattori le situazioni a rischio maggiore sono:
presenza di svincolo-classe di flusso 0,8 (87,5*10-4);
curva a sinistra-classe di flusso 0,8 (37,2*10-4);
presenza di svincolo-bagnato/pioggia (17,8*10-4);
curva a sinistra-bagnato/pioggia (17,7*10-4);
presenza di svincolo-curva a sinistra (15,5*10-4).
Per il caso del rischio individuale le situazioni più pericolose sono:
presenza di barriera (11,0*10-7);
presenza di svincolo (9,55*10-7),
pioggia in atto e fondo bagnato (8,68*10-7);
classe di flusso 0,8 (6,32*10-7).
Rispetto agli indici ricavati nel caso del rischio collettivo si possono fare alcune considerazioni. La variabile flusso, che nel caso del rischio collettivo è associata al rischio più elevato (riscontrato in classe 0,8), in questo ambito non è particolarmente significativa: se raffrontata alle altre tre variabili si classifica all’ultimo posto. Le caratteristiche geometriche della strada sono gli elementi che dal punto di vista del singolo risultano più insidiosi, in particolar modo la barriera e la presenza di svincolo.
Qualora si consideri l’interazione di due fattori le situazioni a rischio maggiore sono:
presenza di svincolo-classe di flusso 0,8 (22,3*10-7);
presenza di svincolo-bagnato/pioggia (21,6*10-7);
curva a sinistra-bagnato/pioggia (21,5*10-7);
presenza di svincolo-curva a sinistra (18,8*10-7);
barriera-classe di flusso 0,3 (17,3*10-7).
I valori mostrano che la pericolosità massima non è correlata sempre a una determinata classe di flusso. In questo modo risulta ridimensionata, rispetto al rischio collettivo, la pericolosità delle classi di flusso più elevate, che sono associate ai rischi maggiori solo in presenza di svincolo; negli altri abbinamenti in cui sono presenti i flussi, le classi più pericolose sono quelle medio-basse. Nell’ambito del rischio individuale i fattori che pregiudicano indiscutibilmente la sicurezza sono piuttosto le caratteristiche geometriche e la condizione di bagnato/pioggia, che si collocano in vari abbinamenti ai primi tre posti. I valori del rischio non presentano grossi scostamenti e questo dimostra che tutte le situazioni elencate hanno livelli di pericolosità equivalenti.
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di Federica Guarnaschelli [Visita la sua tesi »]
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